2014 - La Raffa

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Erano i tempi in cui chiamavamo ancora “One Day” i corsi di una singola giornata, dedicati alla sola presentazione del Nordic Walking, senza alcuna velleità di insegnamento, dove il nome “One Day”, significava che si stava insieme un’intera giornata, pranzo compreso.

Arrivarono tre giovani signore, troppo cordiali ed interessate a noi per sembrare sincere, armate di bastoni di una marca che tradiva la loro pregressa esperienza presso qualcuno che non ci ha mai concesso la propria stima, peraltro ampiamente ricambiato in questo sentimento.
Bastarono i loro primi tre passi per identificare un paio di grossolani errori biomeccanici, tipici dei reduci da quella scuola, dove le cose si fanno giù con lo stampino, come se gli esseri umani siano tutti l’uno il clone dell’altro e quindi si possa fare a meno di tenere conto delle differenze tra persone.

Nonostante i nostri sforzi, in due di loro sarebbe stato difficile correggere nel tempo questa impostazione completamente errata del gesto tecnico, a testimonianza che dare un imprinting sbagliato in qualunque attività significa condizionare una persona per il resto della vita.
Non a caso diverse persone che ebbero una cattiva maestra di prima elementare vennero poi su come cattivi studenti e altre persone, fatte invece innamorare dei banchi di scuola da una capace insegnante, crebbero poi con una facilità di apprendimento da invidiare.
Cercammo di non dare troppa corda alle tre signore, conoscendo la triste e consolidata abitudine di inviare ai nostri corsi qualche persona incaricata di infiltrarsi, osservare e fotografare, in modo da fornire buone occasioni di polemica e denigrazione a chi, già allora, si rendeva conto che non sarebbe mai stato in grado di sovrastarci con la qualità.

Però erano cordiali, simpatiche, attente e gentili e la diffidenza si affievolì nel corso della giornata: se ci avevano mandato delle “spie”, almeno sembravano persone per bene. Poi c’era lei, quella piccina.

Muta, schiva ai limiti dello scontroso, sempre attaccata alle due amiche che la accompagnavano e poco incline al dialogo e al sorriso.
Almeno così sembrava… gli anni mi avrebbero fatto conoscere una persona diametralmente opposta, ma quello fu il primo impatto.

La sera, tuttavia, fu evidente che quella piccoletta aveva lasciato il segno, perché nel debriefing post corso, parte fondamentale del lavoro di un Docente di Nordic Walking, chissà come mai il suo nome saltò fuori più volte, assieme alla convinzione che in quel metro e sessanta scarso di ragazzetta ci fossero delle qualità, nonostante la tecnica espressa quel giorno fosse chiaramente orribile, inficiata da precedenti insegnamenti totalmente da dimenticare e ulteriormente sgangherata dalla abitudine di inerpicarsi su per le montagne, attività che è antitetica al Nordic Walking quanto il diavolo lo è all’acqua santa, quanto il giorno lo è alla notte.

Ė noto che io sono un pessimo fisionomista e, dato che il mio lavoro di Docente di Nordic Walking mi porta a contatto con parecchia gente, le figuracce sono all’ordine del giorno.

E, francamente, con i nomi non me la cavo molto meglio; fu così che quella sera, mentre analizzavamo le potenzialità di questa nuova allieva, io me ne ero già totalmente dimenticato il nome e il volto, ricordandomi solo vagamente di una giovane signora “scontrosa e bruttina”.
“Ma no che non è bruttina”, mi ripetevano, ma insomma, questa fu la mia prima impressione.

Chi disprezza compra?
Beh, devo dire che nel caso di questa signora, che negli anni sarebbe diventata semplicemente “la Raffa”, oltre che una parte stessa della famiglia, mai proverbio fu più azzeccato.

Raffa dimostrò da subito doti notevoli e capacità innate di apprendimento e di propriocezione, oltre ad una passione sviscerata per il nostro sport.
Non ci volle molto a scalpellare via dal suo corpo il pessimo imprinting fornitole nel recente passato da sedicenti coach internazionali, a rimodellare il suo gesto intorno ad una impeccabile biomeccanica e a farla diventare un modello di tecnica apprezzata a livello internazionale.

Se c’è una cosa che oggi mette d’accordo i tecnici di diverse nazioni, con la sola esclusione di quelli ostinatamente ed ottusamente schierati contro di noi, è che Raffa rappresenti a livello internazionale una delle migliori tecniche agonistiche e didattiche in assoluto, fino a meritarsi il nomignolo di “maquina perfecta” affibbiatole dai tecnici provenienti dalla Spagna, una nazione molto poco indulgente nei nostri confronti, essendo per buona parte feudo di italioti in cerca del proprio impero.

Raffa è cresciuta velocemente, saltando da corsi base ed avanzati al corso istruttori, tenuto in sessione individuale con me ed iniziato in uno degli inverni più gelidi che ricordi.
Decine e decine e decine di serate a lavorare insieme, smoccolando per il freddo, per il buio, per la nebbia.
Mesi e mesi e mesi di lavoro intenso, duro, della quale lei stessa ebbe a dire “mi hai rivoltato come un calzino”.
E poi libri e libri e libri di biomeccanica, anatomia, fisiologia, a violentare il suo cervello votato alle Scienze Economiche e notti e notti e notti a discutere al telefono, o in Whatsapp, di concetti che neppure nelle facoltà di Scienze Motorie vengono affrontati.

E poi finalmente l’esame, l’agognato diploma e la possibilità, evviva, di fregiarsi del titolo di Istruttore di Nordic Walking, lo stesso titolo che Raffa avrebbe senza fatica potuto ottenere in un paio di week end, frequentando un brevettificio al solo sacrificio del suo portafoglio.

Da allora non è mai finita… Non passa sera che quesiti tecnici o biomeccanici non compaiano sul mio cellulare e che il tempo, solo apparentemente libero, non si trasformi nuovamente in un’aula virtuale, grazie alla passione di una persona, che ho scoperto non essere né scontrosa né bruttina, ma perfezionista oltre ogni limite quando si parla di Nordic Walking, di tecnica, di insegnamento, di agonismo.
Per Raffa sono poi arrivati il titolo di più giovane Docente Nazionale di Disciplina di tutta Italia e la chiamata personale presso la scuola del cinque volte campione del mondo, che volle concedere l’onore di accogliere anche lei nel corpo docente della sua scuola, affiancandola a me e a Daniela, per divenire così gli unici tre istruttori italiani riconosciuti dalla scuola più prestigiosa del mondo.

Abbiamo passato centinaia di ore ad insegnare insieme, abbiamo calcato gli stessi podi mondiali ed europei, abbiamo fatto litigate epiche, risolte sempre in un abbraccio, abbiamo riso e pianto delle stesse cose e siamo cresciuti professionalmente insieme.
Quel giorno, a quel corso “One Day”, non conobbi semplicemente una signora di statura non troppo elevata; incontrai un tornado che avrebbe ribaltato l’attività della mia scuola, conobbi una persona che sarebbe diventata una Amica vera nel corso del tempo e incontrai la conferma vivente del fatto che la qualità paga sempre e che la qualità non si vende e non si compra: si suda.

E incontrai la conferma che nessuna autostrada, larga, facile e prezzolata vale quanto una piccola linea di gesso tracciata col sudore, con la fatica e con tanta passione.



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