Il tempo di dire "oplà"
Giorgio Rizzi
Solo il tempo di dire oplà e la speranza di regalare all’Italia la
prima medaglia mondiale nella storia Nordic Walking nazionale è sfumata.
Otto piccoli decimi di secondo, un nulla dopo una gara di oltre due
ore e trenta minuti, hanno privato la nostra indomabile Hellen della gioia di
una medaglia di bronzo.
E’ stata dura quando, con matita e taccuino, mi sono avvicinato al
tabellone delle classifiche ufficiali per prendere nota dei tempi e delle
posizioni dei nostri atleti: ho cominciato dal fondo, per scaramanzia, andando
su, su e ancora su, fino a cominciare ad incontrare i nostri nomi.
Poi ho letto Hellen, quarta; stavo per esserne soddisfatto quando ho
realizzato il minimo distacco dalla terza classificata e mi sono sentito vacillare
le gambe.
Otto decimi in una mezza maratona sono un niente: un sorso d’acqua di
più ad un rifornimento, un passo su venticinquemila venuto un po’ sghembo, la
decisione di scattare per l’allungo finale maturata un metro troppo tardi, un
sorpasso preso un po’ largo per eccesso di sportività.
Ho radunato tutti e ho cominciato a leggere le classifiche: io,
diciottesimo, con l’obiettivo dichiarato di stare nei venti, quindi contento.
Winny, sedicesimo, oltre le aspettative e caparbiamente al traguardo nonostante un risentimento fisico; Rita, una degli sprinter
prestati per l’occasione al fondo, dodicesima e bravissima.
Più su nella classifica ecco la Dani, settima, provata ma mai doma,
come si addice ai lottatori e Wladi, quarto, un mito!
Poi chiamo Hellen, le dico “quarta” e devo aggiungere “per otto
decimi”.
Non so fare altro che stringerla forte e dirle “sei stata grande”,
mentre i suoi occhi si velano e lei, con un gesto affettuoso, mi solleva gli
occhiali da sole per scoprire se per caso una lacrimuccia non stia sgorgando
anche dai miei occhi; ma la lacrimuccia è bene nascosta in fondo all’animo,
perché un coach in questi frangenti deve essere un duro per definizione, una
specie di Sergente Hartmann di Full Metal Jacket.
Questa è la dura legge dello sport, che sa essere tanto meraviglioso
quanto spietato; questa è la dura legge che si accetta nel momento stesso in
cui ci si schiera al nastro di partenza.
Un millesimo di secondo o un’ora non cambiano nulla; sul podio vanno
in tre e gli altri stanno a guardare.
Tanto spirito sportivo e un sano boccale di birra hanno contribuito a
sciogliere il groppo alla gola che ci aveva assalito e così abbiamo battuto le
mani più forte di tutti, quando una valida atleta tedesca è andata a prendersi
un bronzo comunque meritato con tanta fatica, tanto sudore e un pizzico di
fortuna.
Abbiamo visto al lavoro i migliori del mondo e siamo orgogliosi di
esserne stati allievi e di avere portato la loro tecnica e la loro visione del
Nordic Walking in Italia, qualche volta mettendoci contro tutti e contro tutto,
in una nazione dove le liti di quartiere sono all’ordine del giorno.
Abbiamo ascoltato con piacere il delegato internazionale di INWA che,
durante la cerimonia protocollare di apertura dei Campionati Mondiali ha
ribadito energicamente come l’agonismo sia la linfa vitale di ogni sport, dal
punto di vista tecnico e promozionale e con altrettanta energia ha invitato le
nazioni aderenti ad INWA e INFO a rendersi
ulteriormente attive nella promozione del Nordic Walking Agonistico, affinché
il nostro bellissimo sport non venga relegato ad un riduttivo ruolo di attività
escursionistica o riabilitativa, come troppe associazioni market oriented
vorrebbero.
Abbiamo superato indenni circa 500 controlli arbitrali, che hanno
squalificato e sanzionato senza pietà coloro che affrontavano il tracciato
utilizzando una tecnica appena un po’ meno che perfetta.
Abbiamo ricevuto i complimenti di alcuni di loro, mentre nell’ultimo
giro sfoggiavamo ancora un gesto atletico decisamente valido, nonostante la
fatica.
Abbiamo messo appena ai piedi del podio i nostri specialisti delle
distanze lunghe.
Abbiamo portato al traguardo comunque in ottime posizioni gli specialisti
dello sprint o delle distanze brevi, prestati per l’occasione al fondo, ma
adeguatamente preparati sul piano tecnico, psicologico ed agonistico.
Abbiamo firmato autografi, stretto mani, posato per mille foto in giro
per le strade della bella località che ci ha ospitato.
Abbiamo incontrato vecchi e nuovi amici, che sono stati prodighi di
complimenti e addirittura debordanti nell’affetto nei nostri confronti.
Abbiamo fatto finta di nulla mentre le televisioni ci spiavano
dall’elicottero, ma dentro, intanto, ci siamo sentiti famosi.
Abbiamo posato per la foto ricordo persino a diverse centinaia di
chilometri dalla sede dei Campionati Mondiali, sulla strada del ritorno
verso
casa, riconosciuti alla stazione di servizio dove stavamo facendo
rifornimento,
perché in Europa il Nordic Walking è uno sport molto popolare e seguito
ed un team nazionale fermo a fare il pieno in autostrada è un’occasione
ghiotta per i tifosi.
Abbiamo imparato tanto e, forse, qualcosa abbiamo anche insegnato,
visto l’interesse con il quale alcuni atleti titolati ci hanno seguito.
Peccato solo per quell’oplà…