Pioggia di medaglie ai Campionati Europei
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Come
ci insegnano i giapponesi, la puntualità è sacra e quando si dice
puntualità, i figli del sol levante parlano di secondi; un treno che
arriva un minuto dopo l’orario previsto è in ritardo colossale e non
c’è altro da dire.
Il clima finlandese, invece, quest’anno toppa alla grande, perché
invece di iniziare con le piogge autunnali nel momento preciso in cui
tocchiamo il sacro suolo finnico, rispettando così una tradizione
pluriennale, si permette di donarci una intera giornata di sole.
A piovere comincerà cinque minuti prima dell’inizio della cerimonia di
apertura dei Campionati Europei 2025, ripristinando la normalità delle
cose, perché un campionato asciutto in Finlandia davvero non si può
vedere.
Ritroviamo lo stesso appartamento dello scorso anno, lo stesso
parcheggio, lo stesso pub dove cenare, lo stesso menù scritto in
inglese e strappato in un angolo.
Sono tutte cose importanti nell’equilibrio di una squadra al massimo
della tensione, data l’imminenza dell’evento più importante dell’anno.
Creare il meno occasioni di ansia possibile è parte integrante del
lavoro di un coach e di un caposquadra: gli stessi odori, gli stessi
asciugamani, lo stesso cane del vicino che abbaia festoso ogni volta
che ci sente arrivare, la stessa cameriera coi capelli tinti di rosso
che non parla inglese e si meraviglia che io le passi gli ordini in
finlandese, (meraviglie di Google translator, con il quale ho tradotto
preventivamente il menu in italiano) e quell’altra meno civettuola e
più pratica, che invece se la cava bene in inglese e Google non serve
più.
Ci sembra di essere tornati a casa nostra e ci rilassiamo; la prima
sera i salmiakki Fazer e una Lapin Kulta sono un rito di “eccoci
arrivati” e non ce li leva nessuno.
Tutto come da copione, tutti tranquilli, tutti a nanna.
Non siamo ansiosi, siamo felici; il cagnolone ci abbaia la buonanotte.
Mattina… via per la ricognizione; ci sono già gli amici croati sul tracciato e altri di diverse nazioni.
Il coach croato ha da ridire sul percorso e, non appena arrivo, mi
addita al direttore di giuria dicendogli: “lui è uno scienziato e
adesso ti spiega cosa non va in questo percorso in termini
biomeccanici”.
Saluto tutti e scappo a gambe levate; davvero basta… ho giurato di non
prendermi impegni ulteriori, salvo portare a termine quelli già presi e
basta.
Figuriamoci poi in una Federazione Internazionale; di scienziati è
pieno il mondo e io di professione voglio fare solo il pensionato.
Rapida ricognizione, da ripetere per sicurezza il giorno successivo, poi un po’ di turismo approfittando del clima ancora buono.
C’è un buon clima anche tra di noi e questo mi conforta; ridiamo, scherziamo, visitiamo, torniamo al pub a cena.
Bau bau, anzi, hau hau, perché lui abbaia in finlandese; ‘notte cagnolone.
E’ il gran giorno.
Cerimonia di apertura; caspita in quanti siamo! Tanti volti conosciuti e tanta, tanta gente nuova e questo è il bello.
Nazioni quasi inesistenti finora sono esplose e si presentano con
decine di atleti: questo fa bene sperare per il futuro; certo, ci sono
anche tante facce nuove delle quali sappiamo poco e nulla, quindi ci
sono possibili sorprese in arrivo, ma senza ricambi siamo già morti,
come nel nostro paese, dove trovare in gara un under 50 è roba da
segnare col pennarello rosso.
Da noi i giovani non amano questo sport, o forse non viene loro insegnato ad amarlo.
Come diceva Horace Mann: “un insegnante che cerca di insegnare senza
ispirare nell’alunno il desiderio di imparare sta martellando un ferro
freddo.”
Non diamo come sempre la colpa ai giovani, allora, che “non hanno
voglia di fare nulla”; magari non hanno semplicemente voglia di
praticare uno sport che viene presentato come lo sport per tutti
(cioè non uno sport, ma al massimo una attività motoria dolce), lo sport per la salute, (ma voi a 18 anni pensavate
alla salute o ad altro? Io ad altro… molto, molto ad altro…), o uno
sport per i vecchi (che per i diciottenni sono i trentenni o forse
neanche quelli…).
Per fortuna in altre nazioni non va così e i risultati si vedono con la
crescita dei team agonistici, perché l’agonismo è la finalità prima ed
ultima di ogni sport.
Comincia la sfilata; ovviamente piove ma fa nulla.
Io e Raffa ci dividiamo l’onore di portare il cartello con la scritta
ITALIA; discorsi protocollari, applausi, inni, atmosfera, brividi di
emozione, tanti occhi lucidi.
Non manca nulla.
La cerimonia si chiude con un “I declare 2025 European Nordic Walking
Championships officially open”, ripetuto in inglese e finlandese da
parte del Direttore della International Nordic Walking Federation.
Siamo quindi “officially” in ballo.
Una nuova atleta della squadra britannica, che non conosco, mi dice che siamo la squadra più elegantemente vestita.
La ringrazio e mi presento: “My name is Giorgio”, le dico e lei, di rimando: “Ah, Giorgio Armani! Now I understand”.
Mi gratto rapidamente gli zebedei, perché il grande Armani è morto
giusto giusto una settimana prima, ma evidentemente la giovane
britannica non lo sa e non sospetta che in Italia sia possibile che ci
sia un altro Giorgio.
E soprattutto non sospetta che noi le tute firmate Armani non potremmo
mai permettercele, perché noi, a differenza di molti altri sport, che
magari hanno portato in Italia meno titoli e vittorie di Nordic Walking
Como, di sponsor non ne vediamo, né riceviamo sovvenzioni da
Federazione alcuna o Ente sportivo alcuno.
Siamo dilettanti purissimi e il nostro “sponsor” lo teniamo nella tasca posteriore dei pantaloni.
Parte la 5.000; sappiamo di avere pochissima preparazione perché
l’annata è stata ricchissima di malanni, infortuni, persino di lutti e
il tempo per allenarsi è stato minimale, ma pazienza.
Dani va via con la solita cattiveria, Raffa dipinge col suo stile, Giuseppe incanta con la tecnica.
E il poco allenamento che abbiamo, abbinato alla tecnica precisa, ci
regala l’argento di Dani e i due bronzi di Raffa e Giuseppe, senza
dimenticare l’ottimo decimo posto di Silvana al suo esordio in un
Campionato Europeo.
Tutto ciò nonostante il tipo di terreno, sul quale non abbiamo mai
fatto (e mai faremo) un solo metro di attività, ma, come sostengo da
sempre, l’allenamento su terreno asfaltato, con ottimi asphalt pads
montati, rigorosissimamente in pianura ed abbinato a profonde nozioni
anatomiche, fisiologiche e biomeccaniche, rende l’atleta versatile e
vincente.
E anche quest’anno il paradigma della nostra scuola dà i suoi frutti,
nonostante il fiato sia poco e la tonicità dei muscoli meno ancora:
anche su questi terreni, anche su queste salite e discese, anche quando
confrontati con i migliori atleti in Europa, i comaschi usano i bastoni
con rara maestria, ricevono i complimenti della direzione di gara e dei
giudici per la meravigliosa tecnica e, soprattutto, sfruttano al meglio
l’attrezzo, anche se dietro il motore è poco preparato.
D’altra parte è inutile avere una Formula Uno se poi non si sa usare il
cambio e non si osa staccare all’ultimo millimetro, come imparò un
amico che, sulle famigerate strade del lago di Como degli anni ‘70,
sulle quali sorpassare era utopia, si trovò una scassata 500
perennemente attaccata a un metro dal didietro che gli suonava,
sfottendolo per non riuscire a distaccare un misero cinquecento con la
sua Fulvia HF preparata in scuderia e regalatagli dal Papy, facoltoso
commerciante.
Allora, stanco ed umiliato da quel trattamento impietoso, fece cenno a
quello dietro di fermarsi per un caffè e scoprì che “quello dietro” era
un pilota comasco di altissimo livello.
Uno aveva “il mezzo”, l’altro lo sapeva usare al meglio.
Nella nostra squadra impariamo ad usare “il mezzo”, il cambio e gli pneumatici al meglio e la cosa paga.
Il Nordic Walking non è fare fiato, non è macinare chilometri, non è inerpicarsi in salita, non è faticare senza senso.
Il Nordic Walking è tecnica, è studio costante, è preparazione
certosina del gesto, è uso biomeccanicamente ineccepibile della
macchina che usiamo, cioè del corpo umano, che dobbiamo conoscere a
menadito.
Io, fino a che avrò voce, continuerò a sperare di non vedere più
chiamato Nordic Walking quel melanconico passeggiare di qualche anziano
per i prati o sui sentieri sconnessi e quelle buffe gare dove conta più
la coreografia del cronometro.
Sperare non costa nulla.
Ormai è buio; iniziano le premiazioni della cinquemila; va sul podio Dani, poi Raffa, poi Giuseppe.
Applausi, abbracci, tricolore al vento. Fantastico.
Si è fatto tardi; sapevamo che per partecipare alla premiazione avremmo
superato l’orario di chiusura del pub e abbiamo fatto la spesa al
S-Market Jalkaranta per cenare a casa, garantendo che ognuno avrebbe
acquistato per sé e secondo il suo piano dietetico.
Tutti falsi come Giuda: la sera saltano fuori patatine, caramelle e uno strano dolce locale.
Rapido processo, tutti assolti per insufficienza di prove, quindi si mangia.
Satolli si va a nanna; hau hau anche a te.
Alla diecimila del giorno dopo partecipiamo per mero divertimento, dato
che la preparazione è stata fatta al minimo indispensabile per la
cinque.
Ma i teoremi sopra esposti, cioè più tecnica e biomeccanica e migliore
gestione dello strumento, funzionano anche qua come e meglio che nella
cinque.
Daniela va in testa subito e non la acchiappano più; per la quarta volta nella sua carriera sarà Campionessa Europea.
Raffa e Giuseppe fanno due argenti meravigliosi, mai in discussione durante la gara.
Meglio di così non si poteva fare.
E io, dentro di me, un po’ “bravo” me lo dico, per avere insegnato il
Nordic a questi atleti e averli seguiti nella loro crescita.
Un po’ quelle medaglie le sento anche mie.
Di nuovo premiazioni, di nuovo podi, di nuovo tricolore che sventola,
di nuovo i fotografi ufficiali che si contendono i neo medagliati, di
nuovo gioia.
Tutto troppo bello.
Troppo.
La parte agonistica è finita per noi; ci rilassiamo al pub, dove ci
gustiamo un’ottima pizza finlandese, che non ha nulla da invidiare alle
nostre e ci divertiamo a prendere in giro la Raffa, che ordina la birra
senza alcool, facendo sbalordire la cameriera dai capelli rossi, che di
senza alcool non credo ne venda tanta, vista la frequentazione del
locale.
Hau hau e nanna.
Che giornata…
Ultimo giorno: cerimonia di chiusura; fratellanza e malinconia.
Suona l’inno finlandese, mentre il Direttore di Gara dichiara
ufficialmente chiusi i Campionati Europei 2025 e ci dà appuntamento ai
Campionati Mondiali del prossimo anno.
Poi la comitiva si scioglie sulle note di Going Home (Theme of the Local Hero) di Mark Knopfler.
L’agonismo è finito… ci si abbraccia come fratelli, uniti dalla fatica, dal sudore e dalla certezza di avere dato tutto.
Chi ha fatto bene ci riproverà il prossimo anno; chi ha fallito torna a
casa carico di esperienza, felice di avere imparato molto da quelli più
bravi.
Sopra tutto aleggia la speranza di rivederci tra un anno, in un mondo in pace.
Per noi i risultati sono eccellenti, oltre le previsioni; allenamento
sì o allenamento no, chi ha la competizione nel sangue sa uscire fuori
al momento giusto e siamo stati capaci di farlo anche questa volta.
Non resta che fare i bagagli e avviarsi verso casa; sarà un viaggio lungo.
Il cagnolone forse capisce che ce ne stiamo andando davvero e lo sentiamo solo camminare dietro la porta chiusa senza che abbai.
Speriamo di risentire il tuo hau hau il prossimo anno, amico cagnolone. Speriamo che la salute ed il mondo ce lo permettano.
Intanto grazie per avere scandito le nostre buonanotte e i nostri risvegli.
Alla prossima.
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